Nella società dei ritmi folli, il tempo sembra scorrerci via dalle mani e spesso non apprezziamo ciò che abbiamo a meno che qualcosa di brutto non capiti nelle nostre vite.
E’ un venerdì mattina e vengo chiamata per un trattamento con le campane tibetane, un regalo di una fisioterapista ad una sua paziente; di lei non so nulla, solo che non può camminare.
Fa molto caldo, ma sono felice, amo il mio lavoro e qualcosa dentro di me sa che quella giornata mi arricchirà emotivamente.
Arrivo a destinazione e davanti a me trovo una donna molto magra.
Casa sua profuma di pulito. Incrocio i suoi occhi e percepisco la stanchezza di vivere così.
Non so ancora quale sia il suo male, vedo la sua mano tremare ed il suo sguardo dolcissimo incrociare il mio. E quella mano no, non si ferma. Le sorrido, le parlo un po’ di me e le spiego cosa sono le ciotole che piano piano tiro fuori dalla mia valigia.
“Io non mi addormenterò” le sue parole sono dure, quasi a volermi trasmettere la sua grossa fatica a rilassarsi.
Sono un’operatrice sonora non sono un medico, mi piace dire che accompagno le persone che mi contattano nulla di più. Dove? Chissà.
Le dico che non è il caso di fare il trattamento classico con le campane tibetane sopra il suo corpo, ma che farà un’ora di bagno armonico tutto per lei.
Lentamente chiude gli occhi ed io con la mia voce l’accompagno verso la prima parte del rilassamento. Le campane iniziano ad emanare le loro vibrazioni, sono loro ad accompagnare le mie mani.
Dopo i primi 15 minuti alzo lo sguardo e vedo la sua mano rallentare e, dopo poco, fermarsi completamente.
Solo emozione.
Una delle sue gambe cede completamente: si è lasciata andare.
Il tempo scorre; è ferma, immobile e provo profonda gratitudine per essere lì in quel preciso istante con quella meravigliosa donna.
Infine, la mia voce la fa tornare nel Qui ed Ora.
Riapre i suoi occhi e ci tiene a precisare che non si è addormentata, la sua mano è ancora ferma. Io e la fisioterapista ci guardiamo senza parlare, lei volge lo sguardo ed è come se tutto riprendesse lentamente.
Mary (nome di fantasia) soffre di Atrofia Multisistemica, una malattia neurodegenerativa sporadica dell’adulto, di eziologia sconosciuta e di sopravvivenza breve. È caratterizzata sul piano clinico dalla combinazione variabile di una sindrome parkinsoniana dopa-resistente, di una sindrome cerebellare, di una disautonomia e di una sindrome piramidale.
In pratica i muscoli del suo corpo si accorciano e atrofizzano. Tutti i muscoli, compresi quelli che regolano respirazione, deglutizione, vista. In pratica il corpo tende ad accartocciarsi fino a quando la vita lo lascia.
Questa malattia non ha cura.
Quella sera sono tornata a casa con una consapevolezza diversa. Non posso guarirla, ma posso darle per qualche ora, nel corso dei mesi a venire, una pace che solo lei al suo interno può comprendere.
Vi riporto le parole che mi ha detto la sua fisioterapista.
“Oggi ho visto Mary era più serena del solito, anche se tremante… e più ciarliera.Mi ha ripetuto infinite volte di come non si aspettava una cosa così, del suono delle campane che per lei erano una cosa nuova… ripeteva all’infinito di quanto ti avesse trovato una gran bella donna (lo ripeteva spesso ), gran brava persona, carismatica.
Si sentirebbe onorata di rivederti a settembre, le brillavano gli occhi.Ha iniziato a dire che era curiosissima e attentissima, che i suoni le piacevano moltissimo e che tu sei davvero brava a suonarle… mi ha detto:«è dura con me perché le medicine non mi fanno effetto, ma le campane erano proprio belle, particolari…non ho mai sentito un suono così».
Infine ha aggiunto una cosa che mi ha commosso.
«Ah, se mi poteste guarire! Però mentre ascoltavo una cosa particolare è successa: avevo sempre un pensiero fisso,a volte sembrava che stesse finendo e io mi ripetevo ‘ecco, è finita… è davvero finita (detto con angoscia N.d.R.) e poi invece riprendeva, ed era bello, un nuovo inizio, e allora sentivo che non è finita che c’è sempre ancora qualcosa che deve iniziare, che comunque c’è sempre una fine per poi un nuovo inizio, ed è bello e nuovo e quindi non è vero che è tutto finito… e forse nemmeno per me…» (questo detto con gioia piena e potente, occhi pieni di luce. N.d.R.).”
Ringrazio Paola Bongiovanni per la donna che è prima di essere la sua fisioterapista e di avermi fatta entrare nel suo mondo.
Ringrazio Mary per avermi accolta nella sua vita e per le sue parole.
Solo una cosa: non fatevi sfuggire il tempo che passate con le persone che amate, vivete appieno ogni giorno.
Namastè
Khadija
Bibliografia : Notizie sull’Atrofia Multisistemica